Un articolo di Michele Dolz, pubblicato su Avvenire il 14 marzo 2021 ci ha suggerito di far stampare ed esporre qui tra la Via Crucis di Valentino Mattiolo, un’incisione di Mellan eseguita nel 1649 e conservata nella Bibliothèque National di Parigi. (1)
È una incisione a bulino su lastra di rame che raffigura il volto di Cristo impresso, secondo la tradizione, sul velo della Veronica.
Ecco quanto ha scritto su tale eccezionale opera: “…… un volto di Cristo eseguito con una sola e ininterrotta linea a spirale che, allargandosi e assottigliandosi, va descrivendo il chiaroscuro di tutto il Sacro Volto e del panno della Veronica su cui è impresso.
È semplicemente sbalorditivo per non dire insuperabile. Ma, come negli altri casi non è solo tecnica. Il volto, di assoluta frontalità, trasmette un sentimento profondo di dolore. È l’indicibile mestizia di chi si è caricato del peccato dell’uomo e sta offrendo se stesso per redimerlo.
Non ha quasi macchie di sudore né di sangue. Qui la sofferenza è tutta interna e spirituale. Ma è la linea che fa impazzire di sorpresa ed emozione. Partendo dalla punta del naso si va allargando e stringendo in un unico, lunghissimo segno a spirale. Bisogna pensare che la tecnica del bulino richiede spesso di tenere fermissima la mano che lo regge mentre con la mano libera si fa girare la lastra.
Nel bordo inferiore ha posto la scritta Formatur unicus una, volutamente ambivalente: allude al Figlio di Dio che si è incarnato unico in una sola madre, ma anche alla figura unica fatta con una sola linea”.
Chi è Michele Dolz? Ecco la sua sintetica biografia:
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Sono cresciuto con la matita in mano. Disegnavo tutto, copiavo tutto. Non ho frequentato l’Accademia. Due lauree e un dottorato potevano bastare. Comunque sono stato a bottega dal pittore spagnolo Salvador Pérez, che mi insegnò una pittura lirica ai confini con la poesia. Il paesaggio è stato per anni la mia ossessione. Un giorno scoprii che in realtà stavo esplorando l’animo umano. Il paesaggio mi era diventato un codice simbolico per quello che in verità indagavo. La mostra del 1998 al Museo di Sant’Ambrogio di Milano fu un grande successo, ma mi paralizzò. Disgustato dai miei stessi lavori passai nove anni senza dipingere. O quasi. Solo grazie al supporto dell’amico artista Davide Coltro ripresi lentamente. Sono nato in Spagna nel 1954 e mi sono trasferito in Italia nel 1976. Da molti anni vivo e lavoro a Milano. Ho esposto in diverse sedi, spesso non convenzionali, in Italia, Spagna e Irlanda. E so che la pittura non morirà mai perché tracciare manualmente dei segni, è azione connaturale all’uomo.
Un articolo di Michele Dolz, pubblicato su Avvenire il 14 marzo 2021 ci ha suggerito di far stampare ed esporre qui tra la Via Crucis di Valentino Mattiolo, un’incisione di Mellan eseguita nel 1649 e conservata nella Bibliothèque National di Parigi. (1)
È una incisione a bulino su lastra di rame che raffigura il volto di Cristo impresso, secondo la tradizione, sul velo della Veronica.
Ecco quanto ha scritto su tale eccezionale opera: “…… un volto di Cristo eseguito con una sola e ininterrotta linea a spirale che, allargandosi e assottigliandosi, va descrivendo il chiaroscuro di tutto il Sacro Volto e del panno della Veronica su cui è impresso.
È semplicemente sbalorditivo per non dire insuperabile. Ma, come negli altri casi non è solo tecnica. Il volto, di assoluta frontalità, trasmette un sentimento profondo di dolore. È l’indicibile mestizia di chi si è caricato del peccato dell’uomo e sta offrendo se stesso per redimerlo.
Non ha quasi macchie di sudore né di sangue. Qui la sofferenza è tutta interna e spirituale. Ma è la linea che fa impazzire di sorpresa ed emozione. Partendo dalla punta del naso si va allargando e stringendo in un unico, lunghissimo segno a spirale. Bisogna pensare che la tecnica del bulino richiede spesso di tenere fermissima la mano che lo regge mentre con la mano libera si fa girare la lastra.
Nel bordo inferiore ha posto la scritta Formatur unicus una, volutamente ambivalente: allude al Figlio di Dio che si è incarnato unico in una sola madre, ma anche alla figura unica fatta con una sola linea”.
Chi è Michele Dolz? Ecco la sua sintetica biografia:
Sono cresciuto con la matita in mano. Disegnavo tutto, copiavo tutto. Non ho frequentato l’Accademia. Due lauree e un dottorato potevano bastare. Comunque sono stato a bottega dal pittore spagnolo Salvador Pérez, che mi insegnò una pittura lirica ai confini con la poesia. Il paesaggio è stato per anni la mia ossessione. Un giorno scoprii che in realtà stavo esplorando l’animo umano. Il paesaggio mi era diventato un codice simbolico per quello che in verità indagavo. La mostra del 1998 al Museo di Sant’Ambrogio di Milano fu un grande successo, ma mi paralizzò. Disgustato dai miei stessi lavori passai nove anni senza dipingere. O quasi. Solo grazie al supporto dell’amico artista Davide Coltro ripresi lentamente. Sono nato in Spagna nel 1954 e mi sono trasferito in Italia nel 1976. Da molti anni vivo e lavoro a Milano. Ho esposto in diverse sedi, spesso non convenzionali, in Italia, Spagna e Irlanda. E so che la pittura non morirà mai perché tracciare manualmente dei segni, è azione connaturale all’uomo.about:blankGalleriaTrascina le immagini, caricane di nuove o seleziona i file dalla tua libreria.CaricaLibreria media
NB. Sacerdote dal 1982, dal 2002 è docente di Storia dell’Arte Cristiana all’Università Pontificia della Santa Croce, Roma.
NB. Sacerdote dal 1982, dal 2002 è docente di Storia dell’Arte Cristiana all’Università Pontificia della Santa Croce, Roma.
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